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Inizio

Forse per I cosidetti “Millennials” (quelli nati tra il 1981 ed il il 1996) ed ancor meno per quelli della “Generation Z” o “iGeneration”  (nati post 1996) il fatto che una volta noi “Baby boomers” (nati  tra il 1946 ed il 1964) e un po’ anche quelli dei primi anni della “Generation X” (nati tra il 1965 e 1980) potessimo passare il 90% del nostro tempo libero fuori casa e non di fronte ad un computer , tablet o cellular phone sembrera’ una invenzione. Eppure era la realta’.

Noi che siamo cresciuti avendo quasi nulla (ma certamente molto di piu’ di quanto avevano avuto I nostri padre e nonni) abbiamo avuto la fortuna di vivere la nostra fanciullezza e adolescenza  in un mondo che pur in transizione ed evoluzione socialmente, culturalmente ed economicamente ci offriva, attraverso I giochi (che spesso inventavamo di sana pianta oppure adattavamo alla nostra realta’ quotidiana) una marea di opportunita’ per aguzzare il nostro ingegno, imparare, sviluppare le nostre doti.

Non che I ragazzi di oggi questo non lo possano fare con quello che il mondo e la technologia degli anni 2000 mettono a disposizione, ma e’ bene tener presente che in fondo non avere l’ultimo tipo di cellulare o la connessione internet veloce oppure la moto o gli sneackers griffati non diminuisce ne’ il nostro status ne’ tantomeno le opportunita’ che si presentano o frenano la nostra immaginazione. Anzi ...

In questa pagina vogliamo raccontare come tutto questo avveniva alcuni anni fa quando invece dell’usa e getta, del prefabbricato o dell’elettronica ci si accontantava I riciclare le cose, costruirsele dando fondo all’arte di arrangiarsi e la tecnologia all’avanguardia era mettere dei “cuscinetti" nuovi al "carruocciolo”. Racconteremo di alcuni dei giochi che hanno allietato il periodo forse piu’ bello della nostra vita, la nostra fanciullezza ed adolescenza, e che allo stesso tempo hanno contribuito all nostra crescita e che forzandoci ad "aguzzare l’ingegno” ci hanno in fnodo aiutato ad essere quelli che siamo diventati. Lo facciamo affiche’ prima di tutto non li si dimentichino e poi siano una testimonzia per le generazioni future di come anche con quell poco che avevamo in fondo siamo riusciti a fare grandi cose per I cosidetti “posteri”. Dopotutto non dimentichiamo la massima: “Io fui quello che tu sei. Tu sarai quello che io sono”.

Si chiama: “Il cerchio della vita”.

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  'O Tuocco (La Conta)  

  Tre a tre trentatre'  

  Mazza e puzzo  (Il Gioco della Lippa oppure Cavicchiolo)  

  O' Strummolo  (La Trottola)  

 O' Chirchio (il cerchio) 

Semmana (Settimana o Campana)

Figurine calciatori

Palline (Biglie)

Tappi e bottoni

Uno nbonda a luna

Poglia (Nascondino o Guardia e ladri)

Palla

Bandiera (Ruba bandiera)

Giro tondo

Salto alla fune

Schiaffetto

 

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Tuocco

O’ Tuocco (La conta)  

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Cominciamo dall’inizio. O “tuocco” (da non confondere con il pezzo di legno che una volta si portava per capodanno) era di solito il primo atto di un gioco. Se si doveva decidere a chi toccava per prima o in genere stabilire un ordine si decideva di “tirare a sorte” oppure “fare la conta”, ovvero si face “o tuocco”. Ecco come si procedeva

Ci si disponeva in circolo (oppure uno di fronte all’altro se si era solo in due) e poi si decideva da dove inziare la conta. Di solito il “capogruppo” o spesso tutti assieme si recitava almeno un paio di volte: “per … il nome della persona da dove cominciare) mentre tutti agitavano in aria per alcune volte l’avambraccio con il pugno chiuso a mo’ di Martello.

Ad un cenno, tutti I membri del gruppo  tendevano la mano che fino ad allora aveva volteggiato con il pugno chiuso nel mezzo del circolo aprendola e mostrando alcune (o tutte) le dita ad indicare un numero tra zero (pugno chiuso) o 5 (la mano completamenta aperta. Si sommavano  le dita indicate da tutti I partecipanti e si dichiarava il totale.

Si cominciava poi a contare partendo dalla persona che era stata designata all’inizio (“il per”) andando in circolo in senso orario.

La persona che veniva associata con il numero finale della conta era quella che aveva il privilegio/diritto di cominciare l’attivita’, cioe’ a secondo del caso, scegliere I compagni di gioco, decidere da che parte stare, iniziari, il gioco, etc.

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Tre a tre

Tre a tre trentatre'  

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Questo era un tipico gioco della tarda primavera fino ad inizio autunno. Intato si doveva essere in almeno 7 per giocare e si doveva essere in numero dispari.. Lo si poteva fare anche con meno persone ma non era cosi’ divertente.

Ci si divedeva in due gruppi di egual numero e la persona che rimaneva fuori aveva il compito di fare la cosidetta “vammana” (letteralmente “levatrice”) ma qui il ruolo era inteso piu’ come arbitro, cuscino di sicurezza e mediatore tutto in un sol colpo.

La vammana di solito si appoggiava ad un albero o muro oppure si sedeva su uno scalino con le spalle al muro, albero o porta.

I component di una squadra (tirata a sorta col “tuocco” naturalmente) si posizionavano davanti alla vammana rivolti verso di lei uno dietro l’altro curvi con la testa tra le gambe di chi era davanti e le mani aggrappape un po’ sopra le ginocchia oppure ai fianchi sempre di chi era davanti. Questi formavano la cosidetta “Squadra e sotto”.

Quando questi era pronti I component della cosidetta “squadra e ‘ncoppa” cominciavano a saltare uno all volta a gambe larghe sul groppone dei componenti della “squadra e sotto”.

Naturalmente il primo saltatore doveva cercare di saltare il piu’ lontano possibile cosi’ da far posto ai suoi compagni che sarebbero saltati dopo di lui e si sarebbero potuti ‘accomodare anche loro sulle schiene dei component della “squadra di sotto”.

Il tutto naturalmente al grido di “a tre a tre trentatre’ “.

Quando tutti erano saltati la squadra di sopra vinceva se tutti avevano trovato posto e se la squadra di sotto non si era “scunecchiata” (letteralmente accasciata ma qui nel senso anche di crollata, rotta, spezzata) prima di un predeterminato periodo (di solito alcuni secondi) contati ad alta voce dalla vammana.

La squadra di sotto vinceva se non si sconacchiava, oppure se non tutti I component della squadra di sopra trovavano posto, o cadevano prima che la vammana finesse la conta.

I punti piu’ deboli per le squadre di sotto erano  naturalmente la parte dove due componenti si univano con la testa tra le gambe uno dell’altro, mentre I punti di forza e di solito la strategia vincente delle sqaudre di sopra erano quelle di avere un buon saltatore come primo componente e magari un ragazzo un po’ cicciottello da far “atterrare” dopo il salto nei punti deboli della squadra di sotto cioe’ dove due component si univano.

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Puzzo

Mazza e puzzo   

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Forse non tutti sanno che questo e’ un gioco molto antico risalente addirittura al XV secolo e che si gioca in forme piu’ o meno uguali un po’ in tutta Italia (ed in Europa) anche se viene chiamato in modo diverso. Il nome originale e’ “Il gioco della Lippa” ma viene anche chiamato “Cavicchiolo”. Quella che raccontiamo qui potremmo definirla la “variante Moschianese” ed e’ descritta cosi’ come ricordiamo venisse giocata negli anni ’60.

Il gioco poteva essere praticato da due o piu’ persone anche a squadre, ma aveva bisogno di spazi abbastanza grandi e possibilmente senza finestre nei paraggi per evitare “guai” indesiderati. A Moschiano per esempio “la Cappella” al rione Croce era il posto ideale.

Per giocarci occorrevano due bastoni entrambi di un diametro di circa 4-5 cm e di lunghezza  uno di circa 40-50 cm (a mazza) e l’altro di una 15na di centimetri (o puzzo). Essi erano spesso ricavati da rami di ulivo, nocciolo o castagno, ma andavano bene rami di qualunque albero a patto che fossero belli dritti. Entranbi I bastoni venivano ripuliti dei rami superflui e se presenti dei nodi e quello piu’ piccolo lo si appuntiva ad entrambi I lati. Spesso si toglieva anche la corteccia.

Una volta pronti e stabiliti I turni per il gioco, via il solito “tuocco”, si disegnava sul terreno un cerchio di diametro pari alla lunghezza della “mazza” (la “Casa”).

Il giocatore (singolo o della squadra) che “difendeva” posava o puzzo a terra sulla circonferenza del cerchio e poi colpendo con la mazza su una delle estremita’ che erano state appuntite faceva si che questo si alzasse in aria e roteasse su se stesso quasi facendo delle capriole. Mentre era in aria, il giocatore della difesa lo colpiva con la mazza mandandolo il piu’ lontano possibile.

Fatto questo metteva la mazza a mo di diametro dentro al cerchio mentre il giocatore che “attaccava” andava li’ dove si era posato il puzzo, lo raccoglieva  e lo lanciava verso il cerchio con l’obiettivo di colpire la mazza o quantomeno avvicinarsi il piu’ possibile ad essa. Poco importava se il puzzo cadeva prima o dopo il cerchio.

Una volta lanciato il puzzo verso la casa, se questo non colpiva la mazza o non era ad una distanza di almeno la lunghezza della stessa mazza, cosicche’ essa posando una estremita’ sulla circonferenza del cerchio potesse toccarlo, il difensore dichiarava la distanza che separava il puzzo dalla mazza cercando di indovinare il numero di quante “mazze” ci volessero affiche’ il puzzo arrivasse alla casa.

Una volta fatta la predizione della distanza il difensore poteva accettarla (se riteneva che la distanza stimata fosse pari o superiore alla distanza reale che separava puzzo e casa) oppure sfidare l’attaccante a misurare tale distanza usando appunto la mazza. La distanza stimata accettata oppure la distanza reale misurata (di solito maggiore di quanto stimato) diventava quella ”ufficiale”. Nel caso la distanza reale fosse risultata maggiore di quella proposta e sfidata allora diventava essa quella ufficiale.

A questo punto I ruoli si invertivano e le scene si ripetevano a turno per tutti I componenti delle due squadre. Il gioco finiva quando tutti I component delle squadre avevano giocato. In caso di due soli giocatori il rituale si ripeteva un paio di volte che si era patteggiato all’inizio del gioco.  Una squadra vinceva se il totale ufficiale della distanza di tutti I componenti tra il puzzo e la casa era inferiore a quello degli avversari. Nel caso di soli due concorrenti, vinceva quello con la distanza totale inferiore alla fine dei turni prestabiliti.

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Strummolo

O Strummolo (La trottola)  

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E pensare che noi bambini degli anni ’60 non lo sapevamo ma “o strummolo” (la trottola) era un gioco gia’ molto diffuso tra I Greci e Romani e che col tempo sia stato motive di svago dei bimbi (e non) delle culture piu’ varie (dagli inglesi ai giapponesi, ai native americani. Citata gia’ da Callimaco (poeta e filosofo Greco vissuto a cavallo tra il 310 ed il 235 a.C. circa) e da Catone (Marco Porcio Catone detto il Censore  230-149 A.C.) politico, generale e scrittore romano, veniva chiaamata “turbo” e si giocava in un modo leggermente diverso da come la ricordiamo noi anche se crediamo che da qualche parte lo si giocasse ancora come allora.

Al tempo di Catone il gioco consisteva nel disegnare per terra un grande cerchio diviso in dieci settori ad ognuno dei quali si assegnava un punteggio. Vinceva il gioco chi tra I partecipanti faceva roteare con uno spago la trottola nel centro ed essa si fermava nel settore col punteggio piu’ grande.

Col trascorrere dei secoli ed a seconda dei luoghi il modo di giocare e’ cambiato. Ne ricordiamo qui qualcuno che praticavamo noi negli anni ’60.

Giocato quando I partecipanti erano solo due il gioco della trottola spesso prendeva una piega oseremmo dire “sinistra”. Entrambi effettuavano il lancio dello strummulo contemporaneamente e da far si’ che le due trottole si scontrassero. Quella che si fermava per prima rimaneva “sotto” (a terra).  A questo punto la trottola perdente rimaneva a terra mentre il giocatore che avevva vinto la prima “manche” lanciava di nuovo la sua trottola ma questa volta con il chiaro intent odi colpire e “distruggere” (letteralmente) la trottola avversaria che era rimasta sotto. Come si diceva allora cercava di “spaccarla” per prendere cosi’ il chiodo centrale come trofeo. Naturalmento affinche’ cio’ avvenisse occorrevano alcune cose: il giocatore doveva essere molto bravo nel cercare di cogliere la trottola che era a terra al punto giusto e questa doveva essere stata costruita con un legno relativamente piu’ “soffice” rispetto all’altra. In altre parole un misto di bravura, destrezza, fortuna ed esperienza.

Un altro modo di giocare con lo strummolo specialmente se si era in piu’ di due era semplicemente quello di tirare la trottola tutti assieme e vedere quale restasse in piedi piu’ a lungo. Quella allora veniva dichiarata la vincitrice. Naturalmente il gioco si poteva svolgere in piu’ riprese e alla fine vinceva che aveva collezionato piu’  vittorie nelle diverse “manche”.

Incidentalmente per quelli che volessero capirne di piu’ dal punto di vista della fisica e delle leggi che governano il moto delle trottole esistono modelli matematici ben precisi per descriverne il moto, calcolare la sua nutazione oppure semplicemente la cosidetta trottola “addormentata” o “ quella “veloce”.

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trottola.jpg

O Chirchio (il Cerchio)  

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Dite la verita' chi non a mai sentito l'espressione: "Vatta a ffa no giro co chirchio"? Ovvero "Vai a fare un giro con il cerchio". Come per dire vai via da qui ed a gironzolare senza una meta precisa (e non ci scocciare).

Non ne siamo certi ma crediamo che l'etimologia  di questa frase derivi proprio da un gioco che noi ragazzi facemo spesso negli anni '50, '60 e '70 diffuso un po' in tutto il mondo e che molto probabilmente ha natali preistorici possibilmente da quando e' stata inventata la ruota. Lo ritroviamo infatti in foto o dipindi da ogni parte del mondo (Europa, Africa, Nord e Sud America, Asia) e persino in dipinti archeologici greci (5th secolo AC), romani e del 6to secolo DC

La sua diffusione forse era dovuta alla semplicita' del gioco ed alla sua natura che necessitava di strumenti semplici e facilmente reperibili: un cerchio (di qualunque materiale) ed un bastoncino di legno (ma si poteva farne anche a meno).

Il gioco nella sua versione basilare e' molto semplice: far rotolare un cerchio (di qualunque materiale) il piu' a lungo possibile correndogli dietro e tenendolo in equilibrio con un bastoncino colpendolo di tanto in tanto per continuare a farlo muovere e tenerlo in equilibrio. 

Negli anni '50 e '60 spesso il cerchio usato era quello in legno di vecchie botti di varie dimensioni. Piu' tardi esso fu sostituito da quelli in ferro (sempre di botti) e poi ancora con ruote di bicicletta o auto. 

Questo gioco era mpolto popolare nell'antica Grecia e spesso il dio Dionisio viene illustrato come un bambino con un cerchio di bronzo chiamato "krikoi". Il bastoncino era chiamato "elater".

Hippocrate considerava questo gioco molto salutare e lo consigliava per rafforzare la costituzione fisica dei bambini.

I Romani impararono questo gioco dai greci e lo chiamavano "trochus".

Sembra che in Cina si giocasse in questo modo gia' dall'anno 1000 AC, mentre gli indiani d'America ne praticavano una versione chiamata "Chunkey".

Si ha un considerevole numero di dipinti di bimbi che nel 18mo e 19mo secolo vengono ritratti con cerchi per questo gioco.

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Skyphos greco - 470 AC

Skyphos greco - 470 AC

Cerchio 6to Sec DC - Costantinipoli

Cerchio 6to Sec DC - Costantinipoli

Ragazza con cerchio - 1885 - Renoir

Ragazza con cerchio - 1885 - Renoir

Ragazzi che giocano 1922 - Nord America

Ragazzi che giocano 1922 - Nord America

Chirchio
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