
Pro Loco Michele Caputo
Moschiano (Av)


Associazione Culturale e Sociale apolitica e non a fini di lucro
Ultimo Aggiornamento 27 Ottobre 2024
In questa pagina vogliamo ricordare un gruppo di persone che, sopratutto negli anni '60, '70 e '80, erano molto conosciuti a Moschiano e nel Vallo ed oltre ad essere i precursori delle piu' moderne catene come Amazon o servizi come i "raiders", costituivano una parte integrante del costume, abitudini e sociologia del nostro paese and di riflesso della nostra cultura.
Parliamo dei vari venditori ambulanti o altre persone che con cadenza periodica spesso giornaliera o settimanale oppure a volte mensile si aggiravano per le nostre strade (va bene allora ce n'era una sola ) e spesso bussavano alle porte delle nostre case.
Li vogliamo ricordare cosi' come erano, persone umili, lavoratori, amici di tutti e a disposizione di tutti che guadagnavano il loro pane in modo onesto e che tutti trattavamo come persone di famiglia e chiamavano per nome e la categoria a cui appartenevano
A zingara
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'Ntonio o' piattaro
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Forse il piu' noto di tutti. Al secolo Antonio e chi conosce il suo cognome e' bravo. Per tutti era semplicemente "'Ntonio o piattaro" ovvero l'Amazon degli anni '60 e '70 con il vantaggio pero' che non solo la merce la si poteva ordinare ma vedere da vicino e toccare ed in piu' c'era il "same day delivery" (consegna stesso giorno) anzi consegna immediata per il 90% delle cose.
Ntonio era bassino con una leggera calvizia che con gli anni si ando' accentuando. Agli inizi degli anni '60 veniva da Palma Campanaia a Moschiano puntualmente ogni Lunedi' e Giovedi' con una Ape 50 crediamo anche perche' era irriconoscibile tanto era stracolma di vettovaglie ed altra roba che lui vendeva. A mala pena c'era' posto per lui in cabina per guidarla.
Col tempo Ntonio si ingradi' e il suo mezzo di trasporto che fungeva anche da negozio ambulante cambio' restando pero' sempre un furgone ma di quelli piu' grandi cosi' da trasportarci piu' roba dentro, fuori, accanto a lui in cabina, sull tetto.
Da lui si trovava di tutto: dalle pentole di alluminio alle catinelle di plastica (le "bagnarole"), dalla macchinette per il caffe espresso (Bialetti o Napoletane) al servizio di tazzine, piatti, mestoli ed altro. E se non aveva la merce richiesta
li nel suo "negozio" la si poteva sempre ordinare. Sarebbe stata consegnata puntualmente nel giro di 3-4 giorni..
La sua presenza era segnalata dalle inconfondibili canzoni che venivano da un registratore o cassetta (non si e' mai capito cosa fosse) sistemato nella cabina del suo mezzo e che venivano diffuse a tutto volume da altoparlanti posti sul tettuccio del suo mezzo.
Ntonio ha continuato a rifornire i Moschianesi con cadenza settimanale fino agli inizi degli anni '90 quando purtroppo anche lui ha dovuto arrendersi all'inesorabile passare del tempo. Ma il suo e' stato piu' di un "mestiere" o un lavoro. Il suo venire a Moschiano e' stata una tradizione ed un fatto sociale che ha segnato un'epoca in cui la vita era piu' semplice, il contatto umano piu' ricercato, l'ingenuita' e l'arte di arrangiarsi un modo di vivere di tutti noi.
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Ferdinando o' virdummaro
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"Tengo e compagni de mariti vuosti" era forse la frase ed il richiamo piu' celebre che risuonava da parte di Ferdinando. Con la sua Ape 50' di cui aveva modificato il retro cosi' da ricavarne due "piani" per le cassette con la frutta, arrivava di buon mattino tutti i giorni dal Lunedi' al venerdi' e si fermava come tutti nel piccolo spazio dove iniziava Via Pistiello (ora Via De Filippo).
Sembrera' strano ma anche se veniva tutti i giorni attorno al suo negozio ambulante c'era sempre tanta gente.
Sul suo forgone si trovava tanta frutta e verdura. Venendo anche lui come Ntonio o piattaro da Palma Campania si aveva la certezza che la sua merce fosse freschissima spesso raccolta il giorno prima nella campagne dell'agro nocerino-sarnese.
A secondo della stagione si potevano trovare peperoni o melanzane, arance e mandarini oppure pesche o pere, broccoli e carciofi, spinaci o lattuga. E lui li' a tener a bada ed ad accontentare tutti facendo spesso fatica a tener lontano le persone che allungavano le mani per toccare la frutta e vedere se era matura. Nessun problema. Garantiva lui.
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Mario o' pesciaiuolo
Mario vendeva il pesce e naturalmente veniva di Venerdi'. Il suo approssimarsi lo si intuiva da lontano perche' anche lui come "Ntonio" aveva un piccolo registratore con un altoparlante da cui lettereralmente 'sparava' a tutto volume un reportorio di canzoni spesso napoletane che erano un po' il suo "spot pubblicitario".
Appena arrivato al solito spazio in Via Pistiello si formava una comunella di persone pronte ad accaparrarsi il pesce piu' fresco oppure semplicemente per dare uno sguardo. Lui conosceva tutti i suoi clienti uno per uno e non disdegnava di fare due chiacchiere con tutti oppure si rendeva protagonista di esileranti battibecchi con qualcuno di essi che aveva appena servito e che voleva fare il 'furbetto" magari rifilando qualche acciuga in piu' nel "cuoppo" dopo che esso era stato pesato. Lui di solito li accontentva. Spesso si vedevano persone che assaggiavano il pesce, che era sempre freschissimo, crudo li' direttamente dal motociclo lavandolo magari sotto la fontana pubblica che era a due passi.
E poi le immancabili lamentele da parte del cliente di turno e del venditore: "Mo ddai a buon prezzo? Me ne piglio dui chili" e l'altro: "Ma i ce vaco a perdere". "Allora facimmo no scampolo. Me piglio tutta a cascetta pe dumila lire". "Ma tu guarda a cchest. Ammo' cominciata bbuono a jurnata". Alla fine che si fosse fatto o meno l'affare erano tutti contenti. Le signore ritornavano a casa, noi bambini a giocare o studiare, Mario proseguiva per la prossima tappa: Il Chiaio. Chissa' poi chi alla fine ci aveva veramente guadagnato da quelle transazioni. Noi di sicuro visto che hanno lasciato nelle nostre menti delle memorie indelebili.
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Zi Vicienzo co' ccienso
Non ricordiamo bene la cadenza con cui "Zi Vicienzo" veniva per le case con la missione principale di "cacciare il malocchio" indipendentemente da chi lo avesse o meno e fosse superstizioso o no. Forse veniva ogni paio di mesi o forse piu' di rado. Di sicuro vagava per Moschiano e si presentava alle porte o ai portoni delle nostre case con il suo incensiere "fai da te".
Esso costruito in modo molto ma molto artigianale con un semplice barattolo metallico (di quelli comunamente usati per i pomodori o altre vegetali ora molto comuni ma all'epoca rari specialmente a Moschiano dove si preferiva a ragione roba fresca) con un filo di ferro a far da manica. Dentro delle carbonelle accese e l'incenso.
Vestiva di una giacca a mo' di taxido adornata con figurine di santi vari, e cornicielli di varia grandezza, immancabilmente di color rosso. In testa una tuba che di tanto in tanto si levava per salutare le persone.
Borbottava delle parole spesso incomprensibili forse preghiere o benedizioni, o forse solo frasi dal contenuto senza senso ma superstiziose e scaramantiche. Ricordava un po' i "pazziarielli" resi famosi da Toto' (Antonio De Curtis) e che ancora oggi si possono trovare qualche volta in giro per Napoli.
Molti credevano per davvero alle sue abilita' soprannaturali, altri invece lo assecondavano semplicemente ed altri ancora invece lo guardavano tra il serio ed il faceto come a dire: "non e' vero ma ci credo" ma tutti gli portavano enorme rispetto perche' si sa: con noi Napoletani con la superstizione non si scherza.
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Guerino
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Guerino era di Quindici ed a partire dagli anni '70 lo si vedeva ogni domenica mattina per tutto l'arco dell'anno girare per Moschiano con la sua cesta lunga ma con i bordi bassi (la cosidetta 'spasella") appesa sul d'avanti attorno al collo piena di noccioline americane arrostite.
I ragazzi lo aspettavano perche' a suo tempo le noccioline a Moschiano e nel Vallo erano quasi una rarita'. Lui li vendeva in piccole confezioni (coppetti) ad un prezzo poi accessibile a tutti conscio che la sua clientela di base era formata da ragazzi ed adolescenti che non avevano molti soldi. Forse i grandi strateghi del marketing odierno avrebbero avuto qualcosa da imparare da Guerino. Ricordiamo Guerino quando stanco del suo girovagare oppure in attesa di 'clienti" si sedeva sul muretto della chiesa dell'Immacolata proprio sotto la grossa Croce nera affissa sulle mura del campanile e per l'occasione non disdegnava di scambiare quattro chiacchiere con qualche vecchietto o pensionato anche lui seduto li' quasi come il pescatore di De Andre' "all'ombra dell'ultimo sole".
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A zingara
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Per anni a Nola. spesso nel grandissimo spazio presso la ferrovia Vesuviana, dove una volta c'era um complesso militare comunemente chamato "Campo", la presenza di un campo di nomadi e' stata una cosa regolare piuttosto che una eccezione.
Vogliamo pero' far notare di come a suo tempo anche se i nomadi che vi abitavano venivano guardati con una certa diffidenza, non ricordiamo esserci stato alcun episodio di intolleranza o xenofobia da parte delle nostre genti anzi i nostri genitori ed i nostri nonni ci insegnavano ad essere tolleranti e generosi sopratutto verso di loro.
Di tanto in tanto alle porte delle nostra case bussava una signora qualche volta accompagnata da una bambina per chiedere l'elemosina. Non ricordiamo il suo nome. Sappiamo che col tempo ella veniva sempre piu' di rado ed al suo posto ci faceva visita un'altra donna che i bambini chamavano affettuasamente 'zi Maria". Forse la bimba di una volta. Le loro parole: "volit 'ra caccosa a zingeralla vosta" risuonano ancora nelle nostre orecchie. Si accontentavano di poco. Qualche spicciolo, un pezzo di pane, una bottiglina con dell'olio e se gli dicevate che purtroppo oggi non era il caso, magari insistevano un po' ma poi se ne andavano non senza pero' aver lasciata un'ultima benedizione indipendendemente da quello che avevano ricevuto o meno: "fresca ll'anima e tutti e muorti vuosti".
Forse oggi quella signora e quella bambina non ci sono piu'. Se e' cosi' vogliamo ricambiare la benedizione: "fresca ll'anima tua, signora zingarella". Ci hai insegnato e dato l'oppurtunita' di essere fieri di appartenere all'umanita'. Quella vera. E di chiamarci "Cristiani".
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O Capillaro e a capera
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Quello del "capillaro" (da non confondersi con "la capera") era un mestiere molto antico ma che purtroppo gia' agli inizi degli anni '60 era molto difficile da trovare.
Noi nati verso la meta' degli anni '50 ne abbiamo dei ricordi offuscati che non ci permettono di ricordare i nomi e persino i volti delle persone che facevano questo mestiere. Di sicuro ve ne erano per Moschiano. Ricordiamo vagamente alcuni di loro che con una cesta (a "spasella") con dentro capelli e oggetti di bigiotteria che venivano usati a mo' di baratto in aggiunta ai soldi.
O capillaro era un signore che passava di paese in paese e casa in casa chiedendo se qualcuno fosse interessato a vendere i capelli (solitamente di donna) oppure a comprare qualche oggetto (spesso pettini (o"pettenesse") magari di osso di tartaruga, spille o altro). Naturalmente le piu' interessate erano giovanette o anche donne mature con lunghe e folte capigliature. In genere il compenso pagato era commisurato alla qualita' e lunghezza dei capelli spesso vendute gia' in forma di treccia. Questo , specialmente in una Italia meridionale dove l'economia era prettamente agricola, costituiva una immediata ed inaspettata forma di reddito aggiuntivo.
Se necessario il capillaro si occupava di tagliare i capelli sul posto e poi di rivenderli (forse per parucche). Pagava in contanti ma a volte anche barattando con pentole oppure integrando il compenso con oggetti di bigiotteria o altro che aveva nella cesta.
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Con il termine 'Capera" invece si identificavano quelle donne che gia' agli inizi dell'800 andavano di casa in casa (di solito nelle case dei nobili ma le si potevano trovare anche nelle case delle persone piu' umili o per i vicoli di Napoli) per sistemare le capigliature delle donne. Un po' come una "parrucchiera a domicilio".
Ovviamente non avevano a loro disposizione shampoo, asciugacapelli, balsamo etc. Eppure usando utensili molto semplici quali mollette, forcine (spesso di osso) e varie pinze, erano capaci di arricciare o lisciare i capelli a loro piacimento e con grande maestria.
Naturalmente visto che andavano di casa in casa ed avevano tanto tempo a disposizione e visto che non c'erano riviste per intrattenere i clienti, il tempo richiesto per fissare i capelli veniva occupato riportando i fatti e le confessioni delle altre clienti o del quartiere, ovvero "njuciando". Da qui il famoso detto "me pare na capera" una persona che sa tutto di tutti e non ha remore a renderlo di dominio pubblico. La foto mostra un assortimento di forcine per capelli molto elaborate e decorate usate quasi certamente da donne delle media/alta borghesia verso la fine dell'800.
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