Pro Loco Michele Caputo
Moschiano (Av)
Associazione Culturale e Sociale apolitica e non a fini di lucro
Ultimo Aggiornamento 27 Ottobre 2024
Rione Capomoschiano
Rione Croce
Con le sue sezioni del Tuoro, Pistiello, Vallone e Chiaio costituisce forse la parte piu’ antica di Moschiano.
E’ nei pressi del rione Croce (in localita’ Carrata poco distante dal Pistiello andando su per la collina verso il “Cantaro”) che fu infatti ritrovata il 30 Dicembre 1957 una tomba di eta’ Sannitica con delle ossa umane, un pugnale ed una patera bronzea. (Cfr libro Prof Pasquale Moschiano Il Santuario della Madonna della Carita’ – 1972)
Inoltre durante I lavori per le fognature del 1977 pochi metri sotto il manto stradale poco distante dall’attuale Farmacia furono rinvenute altre sepulture con al loro interno ossa ma non oggetti.
Si sa inoltre che dove ora ci sono case, in via E. De Filippo (gia’ via Pistiello), lungo la strada che porta al “Cantaro” vi fosse una chiesa I cui ruderi (in particolare quello che doveva essere forse un campanile) si potevano notare fino agli inizi degli anni ’60. Potremmo ipotizzare che forse la chiesa era posizionata da Nord verso Sud e che forse le sepulture trovata sotto il manto stradale fossero parte di essa (magari di un cimitero attiguo). Ma questa e’ solo una nostra ipotesi.
Un’altra chiesa (forse una cappella privata) esisteva quasi di fronte all’odierna chiesa dell’Immacolata sul lato Est dell’odierna piazzetta Anna Laura Palumbieri (una volta “Stradone”). Ora e’ una abitazione privata. Negli anni ’80 Donna Ninuccia Caputo (sorella di Michele Caputo) dono’ al parroco Don Salvatore Pierro il frontale di un altare che a suo dire era parte di una “sua cappella”. Forse si riferiva proprio a questa cappella. Nota: Andrea Romano nella sua opera “Angelo Mozzillo: Elenco delle opere con annotazioni” elenca dello stesso Mozzillo oltre alla tela del 1794 che una volta era sul soffitto della Chiesa dell’Immacolata al rione Croce anche una “Pieta” sull’altare maggiore di una “Chiesa di S. Maria della Pieta’” e commenta che questa chiesa non esiste (infatti non c’e’ oggigiorno tale chiesa a Moschiano). Se e’ vero che si riferisse a Moschiano (il riferimento potrebbe essere alla chiesa della Pieta’ di FonteNovella) ci chiediamo se per caso tale chiesa non fosse una delle due che abbiamo citato, oppure il dipinto non era sull’altare maggiore ma semplicamente a lato di una delle altre chiese di Moschiano. Anche se non pensiamo sia plausibile, potrebbe essere possibile che il riferimento sia alla tela della deposizione che era una volta a sinistra dell’altare maggiore nella chiesa del Corpo di Cristo e che fu rubato negli anni ’70. Dai ricordi vaghi che abbiamo di essa lo stile pittorico sembrava pero' diverso.
Negli anno ’80 il frontale donato da Donna Ninuccia fu incastonato da Don Salvatore tra 6 colonne sotto l’altare rivolto al popolo della chiesa del Corpo di Cristo in piazza quando questo sostitui’ quello in legno opera del falegname Gilberto Manfredi che era li’ dagli anni ’60. Quest’ultimo fu poi portato all Carita’ e vi rimase fino agli inizi del ‘2000.
Centro del rione e’ la chiesa dell’Immacolata sul lato sinitro della Strada principale Via U. Nobile gia via D’Avitaia che si affaccia su un ampio sagrato (la cosidetta “cappella”).
Prima della copertura del “vallone” “la cappella” era un po’ piu’ grande e serviva come punto di ritrovo per tutti I ragazzi del rione nell’arco di tutto l’anno. Essa e’ delimitata a nord ed ad ovest da un muro non troppo alto su cui una volta I ragazzi si arrampicavano e sedevano, ad est dall’ingresso principale della chiesa ed a sud (lungo la strada principale di Moschiano) da una serie di colonne in pietra viva che vanno in forma cresente da ovest verso Est alte circa un metro. Purtroppo di quelle originarie ne sono rimaste solo due. Le altre sono andate distrutte e qualcuna negli anni e’ stata sostituita da piu’ mondane colonne in cemento. I ragazzi di un tempo si divertivano a saltare sopre queste colonne a cavalcioni.
In passato prima che il suolo venisse cementificato I ragazzi usavano questo spazio quasi come un parco giochi. Esso era arena di vari giochi “stagionali” (incluso il gioco delle biglie colorate (le “palline”), ‘o “puzzo”, I “bottoni”, le figurine dei calciatori (la soglia d’entrata di marmo della chiesa era un ottimo piano di gioco, ecc) oppure come campo di calcio quello che oggigiorno chiameremmo calcetto (ma senza limiti di calciatori per squadra).
Sulla parete del campanile lungo la strada vi e’ una edicola di marmo con la figure di una donna col capo ricoperto da un velo che regge un libro con la mano sinistra e con la mano destra sul petto. Non si sa bene l’origine di questa edicola o lastra. Si e’ ipotizzato che forse essa fosse un tempo parte di qualche altro edificio religioso ora distrutto. Sulla parte del campanile che invece si affaccia sul sagrato (dove c’e’ la porta secondaria della chiesa), dopo il restauro della chiesa del 1964 fu messo un Crocifisso che prima era situato un centinaio di metri piu’ a Sud. Non ne sappiamo l'origine ma potrebbe essere stato costruito e dedicato alla fine di una delle tante “Missioni” che I Padri Passionisti (come testimoniato dal cuore al centro del crocifisso) erano soliti fare nei nostril paesi nei secoli precedenti. Prima di spostarlo sulla facciata del campanile il Crocefisso era posizionato su un piedistallo in calcestruzzo sul lato sinistro della strada venendo da Lauro dove questa effettua una curva. Dietro alla Croce c’era una volta un grande giardino della famiglia Lallone meta’ con fiori e l’altra meta’ con alberi di ciliegi e nocciole che si estendeva fino al Vallone. Ora di quel giardino c’e’ solo una piccola parte ed al suo posto ci sono case. Vicino alla Croce all’ingresso dello spiazzale del Pistiello c’era una volta anche una fontana pubblica in ferro battuto dove le donne del rione si accalcavano con recipienti vari (le famose “conche”) per attingervi acqua.
Prima di arrivare in curva sulla destra c’era una fila di grossi platani che rendevano questo pezzo di strada caratteristico anche perche’ guardando in su si poteva ammirare la localita’ “Monte” con il suo antico palazzotto diroccato e, quando non c’erano le foglie, si poteva, scorgere al di sopra di esso, la sommita’ del campanile della Chiesa del Santuario della Carita’.
Una volta il rione iniziava con le prime case che si ergevano appena finiva la localita “Tuoro” la’ dove c’era una cava di pietre detta “Pretera” (ora in disuso e con una casa) e si estendeva fino alla localita’ Chiaio con le abitazione al di qua’ e di la’ della strada pricipale, mentre verso Nord le case del Pistiello, Vallone e Chiaio si arrampicavano su per le rocce e la collina. A destra, verso Sud, dietro alle case che si affacciavano sulla strada quasi niente. Solo giardini ed orti.
A cominciare dagli anni ’70 molte nuove case sono state costruite sia in localita’ Tuoro fin quasi al confine con il commune di Quindici che a sud verso il lagno anche grazie alla costruzione di una variante alla strada statale costruita negli anni ‘70 ha permesso l’espansione non solo del rione Croce ma di tutto Moschiano.
Negli anni ‘70 nell’ambito di lavori di ammodernamento di Moschiano il Vallone che veniva dalla localita “Ronnanio” e si immetteva in quello principale (uno dei “Regi Lagni”) ed altri lagni vennero “intombati” (cioe’ coperti creando una strada sopra e permettendo il deflusso dell’acqua sotto).
Il terremoto del 1980 e le varie iniziative di privati hanno cambiato di molto l’aspetto architettonico del rione Croce (cosi’ come quello di tutto Moschiano) facendone perdere le caratteristiche originarie. Molti dei grandi portoni che erano all’ingresso delle grandi residenze con giardini al loro interno sono scomparsi, cosi’ come in alcuni casi le residenze stesse. Per esempio non esiste piu’ la casa originaria di Michele Caputo con la sua caratteristica scala appena si entrava dal portone ed il “caffe” al livello stradale la’ dove la sua abitazione costringeva la strada a stringersi proprio di fronte al vico Chiaio e dove lui si intratteneva con la gente.
Anche la localita’ Chiaio lungo la strada principale prima di arrivare al rione Piazza e’ cambiata. Una volta era disabitata con grandi spazi verdi a destra ed a sinistra. Ora ci sono case e dagli anni ‘60 la scuola elementare intitolata al prof Antonio Arpaia. Anche qui dopo il terremoto del 1980 vecchie case furono abbattute per allargare la strada e con qualche eccezione, dei vecchi portoni ad arco non rimane quasi niente. E’ stato questo il prezzo, forse alto, che il rione Croce ha pagato al passare degli anni, forse frutto di una idea distorta di progresso ma che spesso ci ha portato e ci porta a distruggere la nostra memoria storica.
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Croce esterna |
Icona Esterna |
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Frontale donato da Donna Ninuccia |
Portone Via Pistiello |
Dettaglio Portone Via Pistiello |
Rione Croce 2024 b |
Rione Croce 2024 a |
Portone via D'Avidaia |
Dettaglio Portone Croce |
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Pietra limite parrocchie |
Stemma Moschiano |
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Bar di Chiarina 1 |
Bar di Chiarina 3 |
Bar di Chiarina 2 |
Rione Piazza
Il Rione Piazza si estende dalla localita’ Chiaio fino a qualche centinaio di metri oltre la Piazza IV Novembre andando verso Santa Cristina.
Il limite ad est e’ delimitato da una antica grossa pietra terminale ancora oggi visibile incastonata nel muro di una abitazione privata lungo la strada. Una volta essa segnava anche il confine della parrocchia San Bartolomeo e Corpo di Cristo da quella dell’Incoronata.
Grazie all presenza del palazzo comunale, della chiesa parrocchiale (La chiesa del Corpo di Cristo) e di vari negozi il rione Piazza si potrebbe definire anche il centro economico, politico e sociale di Moschiano.
Una volta la strada che viene dal Chiaio era un susseguirsi di negozi. Si partiva la’ dove la strada si ristringeva a causa delle case ed a sinistra c’e’ il salone da barbiere “da Tonino”. Originariamente posizionato qualche centinaio di metri piu’ avanti,il “Salone di Andrea o barbiere” come una volta era conosciuto fu reso noto negli anni ’70 in tutto il vallo dal figlio maggiore il carissimo “Mast’Aniello” fin quando emigro’ in America. E’ stato per anni il luogo dove tanti barbieri, molti di essi ora lontani da Moschiano, si sono formati sotto la guida esperta di Andrea. Ricordiamo per tutti , Fiore Santoro e Marino Carbone in America e Silvio Dalia a Bressanone. Tonino ed I suoi figli continuano tutt’ora con maestria l’opera del padre e fratello. Proprio accanto al barbiere c’era’ l’ufficio postale gestito per anni dalla famiglia Nappi prima e poi dal genero Mario Cuozzo. Esso era ancor prima al rione Croce e si trasferi’ poi a Capomoschiano verso la fine degli anni ’70. Un po’ piu’ su c’era la salumeria di Flora e proprio di fronte la fabbrica per la lavorazione della frutta secca di Don Antonio Borrasi. Subito dopo il cancello d’entrata della fabbrica dagli anni ’70 c’e’ la macelleria “Il regno delle Carni” feudo del carissimo Ettore Santaniello. Di fronte ad Ettore c’era anche il piccolissimo negozio da ciabattino di Giacchino che tutti ricorano con affetto e di come in tarda eta’ si prese cura anche del fratello Antonio ed accanto a lui il sarto Enrico Dalia (noto come “Ricuccio”). La farmacia Pacia (trasferitosi poi al Chiaio) era piu’ avanti seguita dal sarto Michele. Ancora piu’ avanti e sempre sullo stesso lato della strada si potevano trovare in sequenza una piccolissima merceria/sartoria gestita da Luisa “Luisella” e Giovanni (il Maresciallo) Bocache ed un’altra dalle sorelle Mariuccia (“a zi maesta”) e Pippinella e subito dopo il laboratorio di calzature di Enzo Squitieri. A destra in un portone la bottega artigianale di Livio Volino maestro nel preparare le botti per il vino e piu’ avanti il portone di “donna Chitina” dove in delle stanze che si affacciavano su un ampio cortile gestiva un doposcuola. A sinistra, invece dove ora c’e’ una piazzetta c’erano della case sedi una volta del circolo culturale Michele Caputo, una macelleria, un bar, l’autorimessa di ‘Tatonno” detto “o’ Fisicotto” che pero’ fceva molto piu’ affari all’epoca aggiustando biciclette che riparando auto. Di fronte a loro un portoncino da dove si poteva accedere ad un frantoio e di seguito un negozio che vendeva pane, sale e tabacchi ed altri generi alimentari. Il tutto gestito dalla famiglia Volino prima e Fiore dopo. Chi non ricorda Tuccella e Cecchina?
Poi c’era’ la Piazza. Definitivamente non grande specialmente fino agli anni ’60. A sinistra la chiesa con le lapidi dei caduti delle grandi guerre sui muri e piu’ su, a partire dal 1973 una lapide che ricorda di come la Signora Antonia Vivenzio si fosse fatta promotrice tra I nostri emigranti in Venezuela di elettrificare le campane della chiesa ed avesse contribuito all’installazione al livello superior dell’orologio che ancora ora scandisce le ore. “Horas non numero nisi serenas” srecita la lapide sul campanile. “Enumero solo ore felici”. Fino a meta’ degli sessanta proprio accanto alla chiesa davanti alla canonica sorgeva una vecchia casetta sito del bar di ‘Chiarina”. Essa fu abbattuta per allargare la piazza purtroppo insieme alle ‘fontane” che si trovavano un po’ piu’ su alla sua destra, nell’omonimo luogo e che per circa un secolo avevano rifornito il rione di acqua potabile corrente. Al loro posto fu eretto il palazzo comunale che a sua volta fu abbattuto negli anni ’90 e ricostruito piu’ a monte in forma moderna. Quella che resta delle fontane originarie (inclusi due grosse pietre intagliate con I simboli di Moschiano) si possono oggi ammirare nella piazzetta sorta sul lato sinistro della chiesa al posto della macelleria, bar e autorimessa a cui accennavamo.
Dall’altra parte della piazza c’era un altro barbiere Antonio Marotta che fungeva anche da “giornalaio con consegna a domicilio”. Proprio dove inizia la “cupa ra Chianca o via Cimitero (ora via Prof Carmine Pacia) e quasi a controbilanciare l’entrata della chiesa c’era la pasticceria da ‘Donna Filomena” resa famosa sopratutto dai dolci preparati dal figlio Michele Buonaiuto. A seguire “Villa Carolina” di proprieta’ di Carmine Pacia industriale del legno omonimo del prof Carmine Pacia ma non congiunto con il suo grande balcone sul cancello d’ingresso che dava sulla piazza.
Proseguendo verso Capomoschiano si incontravano sul lato sinistro la macelleria Giordano un gestita un tempo da “Peppe o chianchiere” e poi da suo nipote Filippo (noto come “Filippiello”) che tutti ricordano seduto davanti al suo negozio intento a risolvere cruciverba in attesa di clientie di tanto in tanto a scambiare qualche parola o battuta con “Tatonno o sarto” (Antonio Aschettino) che aveva un negozio di fronte ed anche lui seduto sull’uscio intento a cucire. Pochi metri piu’ avanti il sale e tabacchi di “Laurettella” specializzata all’epoca in attrezzi e cotone da ricamo.
Piu’ in su la strada si ristringeva di nuovo subito dopo I portoni dei palazzi Borrasi da una parte e Moschiano dall’altra, ma subito dopo potevamo (ed ancora possiamo) trovare a sinistra il “Bar Sport” messo su da Milardo Russo nel 1960 ma reso famoso da suo figlio Minuccio con I suoi deliziosissimi e inimitabili gelati schiumoni e la freschissima granita. Questo e’ stato il luogo di ritrovo di innumerevoli giovani negli anni ’70 quando ci si ritrova per far due chiacchiere, una partita a carte, gustare il gelato discussioni infinite sulle partite di calcio ed osservare il passeggio domenicale. Il bar che nel corso degli anni si e’ spostato da una parte all’altra della strada e viceversa e’ ora gestito dal figlio Salvatore, ma I gelati e la granita continuano ad essere al top.
A sinistra c’e’ il “Vico San Rocco” chiamato cosi’ perche’ al suo ingresso vi era una piccola cappella con l’effigie di San Rocco. Dopo il terremoto del 1980 la cappella, forse un po’ troppo in fretta, fu abbattuta anche per allargare la strada ed ora l’effigie di San Rocco e’ attaccata al muro di una casa. Non lontano dall’inizio del vicolo in un portone sulla destra c’era una volta il frantoio di Vittorio Settembre conosciuto anche come “Baffone”.
Proseguendo verso Capomoschiano poche decine di metri piu’ su a destra alla fine del vicolo Suor Angiola della Pace c’era e c’e’ ancora l’ingresso dell’industria di frutta secca Pacia. Essa e’ l’unica rimasta a Moschiano e continua ancor oggi a dar lavoro a qualche decina di persone ed a lavorare ed esportare prodotti locali quali castagne, nocciole, ciliege ed altro in tutto il mondo. All’inizi del vicolo c’era una volta la sortoria Moschiano.
Il rione finisce qualche decina di metri piu’ su con la salumeria di Giovanni Mazzocca e subito dopo sulla destra si puo’ vederre la grossa pietra nel muro che segna il confine. Siamo a Capomoschiano.
Come gli altri due rioni di Moschiano negli ultimi decenni anche questo si e’ “evoluto” ed esteso sia verso Nord (il Monte e le altre colline ) che verso Sud (la variante) perdendo una sua idendita’ architettonica storica ma anche le attivita’ artigianali ed industriali che lo caratterizzavano. Non ci sono piu’ I ciabattini, calzolai o mercerie. Le biciclette non si aggiustano piu’ ed I sarti sono praticamente scomparsi.
La dove c’erano “cupe e/o giardini si sono aperte nuove strade per collegare le nuove abitazioni ed al tempo stesso creare “vie di fuga”.
In nome del progresso forse si e’ distrutto quello che era l’anima del borgo. Vogliamo sperare che questi ricordi mitighino almeno in parte le perdite subite.
Rione Capomoschiano